175
pages
Italiano
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2018
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Publié par
Date de parution
24 août 2018
Nombre de lectures
20
EAN13
9781631423246
Langue
Italiano
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Date de parution
24 août 2018
Nombre de lectures
20
EAN13
9781631423246
Langue
Italiano
OSSESSIONI INTIME
Le Cronache dei Krinar: Volume 2
ANNA ZAIRES
INDICE
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Epilogo
Estratto Di Strapazzami
Estratto da Catturami
Estratto da la Prigioniera dei Krinar
Biografia dell’autrice
Questo libro è un’opera di fantasia. Tutti i nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autrice o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi riferimento a persone reali, viventi o scomparse, luoghi o eventi è puramente casuale.
Copyright © 2018 Anna Zaires e Dima Zales
https://www.annazaires.com/book-series/italiano/
Traduzione italiana: Martina Stefani 2018
Tutti i diritti riservati.
La riproduzione e la distribuzione di qualsiasi parte di questo libro, in forma stampata o elettronica, è vietata, se non autorizzata, ad eccezione dell’utilizzo in una recensione.
Pubblicato da Mozaika Publications, stampato da Mozaika LLC.
www.mozaikallc.com
Copertina di Alex McLaughlin, Grey Eagle Publications
e-ISBN: 978-1-63142-324-6
ISBN: 978-1-63142-325-3
PROLOGO
I l Krinar fissò l’immagine davanti a lui, con le mani strette a pugno.
L’ologramma tridimensionale mostrava Korum e i guardiani che si avvicinavano alla capanna sulla spiaggia. Uno dei guardiani alzò il braccio, e la capanna esplose in mille pezzi, con i frammenti di legno che volarono ovunque. La fragile struttura costruita dagli umani chiaramente non poteva competere con l’arma nano-esplosiva che tutti i guardiani portavano con loro.
Il K alzò la mano e l’immagine cambiò, con il dispositivo volante di ripresa che si avvicinava alle macerie per dare un’occhiata più da vicino. Non si preoccupava che il dispositivo potesse essere individuato; era più piccolo di una zanzara ed era stato progettato da Korum stesso.
No, il dispositivo era perfetto per quel compito.
Mentre volteggiava sopra la capanna, il K poteva vedere il dramma che si stava consumando nel seminterrato, dopo l’esplosione. I guardiani saltarono giù, mentre Korum rimase a studiare attentamente i resti della capanna sul terreno.
Certo, pensò il K, il suo nemico sarebbe stato molto attento. Si sarebbe assicurato che niente e nessuno si fosse allontanato dalla scena.
I Keith—anche il K aveva iniziato a chiamarli con quel nome tra sé e sé—erano in preda al panico, e Rafor attaccò stupidamente uno dei guardiani. Una stupida mossa da parte sua, pensò il K spassionatamente, guardando lo scudo protettivo invisibile che circondava i guardiani respingere l’attacco. Ora il maschio Krinar con i capelli neri si stava contorcendo in modo incontrollato sul pavimento, con il sistema nervoso fuso per il contatto con lo scudo mortale. Se fosse stato umano, sarebbe morto immediatamente.
I guardiani non lo lasciarono soffrire a lungo. Al comando del loro leader, uno dei guardiani rese Rafor rapidamente incosciente con l’arma integrata tra le dita.
Gli altri Keith furono abbastanza intelligenti da evitare il destino di Rafor e rimasero fermi, mentre i collari argentati venivano chiusi intorno al loro collo. Sembravano arrabbiati e sprezzanti, ma non potevano fare niente. Ora erano prigionieri, e sarebbero stati giudicati dal Consiglio per il proprio crimine.
Un paio di minuti dopo, anche Korum saltò giù nel seminterrato, e il K poté vedere che il suo nemico era furioso. Sapeva che lo sarebbe stato. I Keith erano finiti; Korum non avrebbe avuto pietà.
Sospirando, il K disattivò l’immagine. L’avrebbe osservata nel dettaglio più tardi. Per ora, doveva trovare un altro modo per neutralizzare Korum e realizzare il suo piano.
Il futuro della Terra dipendeva da quello.
CAPITOLO UNO
"B envenuta a casa, tesoro" disse Korum dolcemente, quando il verde paesaggio di Lenkarda apparve sotto i loro piedi, e la navicella atterrò in silenzio, così come era decollata.
Con il cuore che le martellava nel petto, Mia si alzò lentamente dal sedile che aveva cullato il suo corpo così comodamente. Korum era già in piedi, e allungò la mano verso di lei. La ragazza esitò un attimo, e poi accettò, stringendogli il palmo con una forte presa. L’amante che aveva ritenuto un nemico nell’ultimo mese ora era la sua unica fonte di conforto in quella strana terra.
Uscirono dal velivolo e camminarono per pochi passi, prima che Korum si fermasse. Tornando verso la navicella, fece un piccolo gesto con la mano libera. All’improvviso, l’aria intorno alla capsula cominciò a brillare, e Mia sentì di nuovo quel suono basso, che indicava l’attività delle nanomacchine.
"Stai generando qualcos’altro?" gli chiese, sorpresa.
Lui scosse la testa con un sorriso. "No, la sto smontando."
Mentre Mia guardava, strati di materiale color avorio sembravano essere stati raschiati dalla superficie della navicella, dissolvendosi davanti ai suoi occhi. Nel giro di un minuto, scomparve completamente, con tutti i componenti che tornarono ad essere i singoli atomi da cui erano stati realizzati a New York.
Nonostante lo stress e la stanchezza, Mia non poteva fare a meno di meravigliarsi per il miracolo a cui aveva appena assistito. La navicella che li aveva appena portati a migliaia di chilometri di distanza in pochi minuti era completamente scomparsa, come se non fosse mai esistita.
"Perché l’hai fatto?" chiese a Korum. "Perché l’hai smontata?"
"Perché non c’è bisogno che esista e occupi spazio in questo momento" spiegò. "Posso ricrearla, ogni volta che abbiamo bisogno di usarla."
Era vero, poteva farlo. Mia aveva assistito a ciò solo pochi minuti fa sul tetto del suo appartamento di Manhattan. E ora l’aveva smontata. La capsula che li aveva trasportati fin lì ormai non esisteva più.
Man mano che rifletteva sulle implicazioni di ciò, la sua frequenza cardiaca aumentava, e improvvisamente trovò difficile respirare.
Un’ondata di panico l’attraversò.
Ormai era in Costa Rica, nella colonia principale dei K—completamente dipendente da Korum per tutto. Era stato lui a creare la navicella che li aveva portati lì, e l’aveva appena smontata. Se c’era un altro modo per uscire da Lenkarda, Mia non lo sapeva.
E se le aveva mentito? Se non avrebbe mai più rivisto la sua famiglia?
Si doveva vedere sul viso quanto fosse terrorizzata, perché Korum le strinse dolcemente la mano. La sensazione della sua grande mano calda era stranamente rassicurante. "Non preoccuparti" disse piano. "Andrà tutto bene, promesso."
Mia cercò di respirare profondamente per scacciare il panico. Non aveva altra scelta che fidarsi di lui. Anche a New York, poteva fare tutto quello che voleva con lei. Non c’era motivo di farle promesse che non intendeva mantenere.
Eppure, quella paura irrazionale la corrodeva dall’interno, aggiungendosi alle spiacevoli emozioni che si agitavano dentro di lei. La consapevolezza che Korum l’aveva manipolata per tutto il tempo, usandola per schiacciare la Resistenza, era come un acido nello stomaco, che la divorava dall’interno. Tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva detto—faceva parte del suo piano. Mentre lei si sentiva addolorata spiandolo, probabilmente l’amante rideva segretamente dei suoi patetici tentativi di sconfiggerlo, per aiutare la causa che lui sapeva fin dall’inizio sarebbe fallita.
Ora si sentiva un’idiota per aver creduto a tutto ciò che la Resistenza le aveva detto. All’epoca, le era sembrato che avesse tutto senso; si era sentita così nobile contribuendo alla lotta contro gli invasori che avevano preso possesso del pianeta. E invece, involontariamente, aveva partecipato al tentativo di presa di potere da parte di un piccolo gruppo di K.
Perché non si era fermata a riflettere, ad analizzare meglio la situazione?
Korum le aveva detto che l’intero movimento della Resistenza era sbagliato, che avevano completamente frainteso la loro missione. E suo malgrado, Mia gli aveva creduto.
I K non avevano ucciso i combattenti per la libertà che avevano attaccato i loro Centri—e quel semplice fatto le diceva molto sui Krinar e sulle loro opinioni riguardo agli umani. Se i K fossero stati davvero dei mostri, come li ritraeva la Resistenza, nessun combattente sarebbe di certo sopravvissuto.
Allo stesso tempo, non si fidava pienamente della spiegazione che le aveva dato Korum su cos’era un charl. Quando John le aveva parlato della sorella rapita, Mia aveva percepito troppo dolore nella sua voce per considerarla una bugia. E le azioni di Korum nei suoi confronti combaciavano più con la spiegazione di John che con la sua. Il suo amante aveva negato che i K tenessero gli umani come schiavi del piacere; tuttavia, finora le aveva lasciato poca scelta su qualsiasi cosa nel loro rapporto. La voleva, e lei non era più padrona della propria vita. Faceva tutto quello che voleva lui, nel suo attico di TriBeCa—e ora era lì, nel Centro K della Costa Rica, seguendolo in una destinazione sconosciuta.
Per quanto temesse la risposta alla sua domanda, doveva sapere. "Dana è qui?" chiese Mia attentamente, non volendo provocarne la collera. "La sorella di John? John ha detto che è una charl a Lenkarda..."
"No" rispose Korum, guardandola con un’espressione illeggibile. "John è stato informato male—credo, volontariamente—dai Keith."
"Non è una charl?"
"No, Mia, non è mai stata una charl nel vero e proprio senso della parola. Era quella che voi definireste uno xeno—un essere umano ossessionato da tutte le cose dei Krinar. La sua famiglia non lo sapeva. Quando incontrò Lotmir in Messico, lo supplicò di andare con lui, e lui accettò di portarla con sé per un certo periodo di tempo. A quanto ne so, qualcun altro l’ha portata su Krina. Immagino che sia molto felice lì, viste le su